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"Un atteggiamento che io oggi non condividerei". Memorie d'infanzia

Editore:
Dipartimento di Formazione, Lingue, Intercultura, Letteratura e Psicologia dell'Università degli Studi di Firenze
Luogo di pubblicazione:
Via Laura, n. 48, 50121, Firenze (Italia)
Codice ISSN:
2785-440X
Autore della scheda:
DOI:
10.53221/1031
Scheda compilata da:
Chiara Martinelli
Pubblicato il:
13/12/2021
Nome e cognome dell'intervistatore:
Giulia Guerriero
Nome e cognome dell'intervistato:
Maria Bruno
Anno di nascita dell'intervistato:
1949
Categoria dell'intervistato:
Studente
Livello scolastico:
Scuola primaria
Scuola secondaria di primo grado
Scuola secondaria di secondo grado
Data di registrazione dell'intervista:
4 dicembre 2020
Regione:
Basilicata
Emilia-Romagna

Indicizzazione e descrizione semantica

Identificatori cronologici:
1950s 1960s

L’intervista, dalla durata di 39:19 minuti (link: https://www.youtube.com/watch?v=ibSCBbIQkyw), si incentra sulle memorie scolastiche di Maria Bruno. Nata a Senise, in provincia di Potenza, nel 1949, ha svolto il lavoro di insegnante di religione nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado e, successivamente, quello di maestra; è attualmente in pensione. Figlia di negozianti, ha svolto il suo percorso scolastico dal 1954 alla prima metà degli anni Settanta: gli anni del boom economico, quindi, ma anche del centro-sinistra, delle contestazioni studentesche, del dissolversi della concezione della scuola come istituzione tesa a preservare l’ordine sociale (Crainz 2002, Galfré 2017, 168-89). Dopo le scuole elementari, frequentate a Senise, ha infatti frequentato le scuole medie, il cui accesso, in quegli anni, era regolato dalla presenza di un esame di ammissione: solo con la L. 1859/1962, infatti, scuola media e scuola d’avviamento sarebbero state unificate, rendendo la prima un percorso obbligato e ad accesso libero per tutti gli studenti che avevano conseguito la licenza elementare (Oliviero 2007, 27-8). Non ha tuttavia frequentato le scuole medie in Basilicata: le ha frequentate in Emilia-Romagna, a Pavullo nel Frignano, località appenninica dove, nelle ore di educazione fisica, la sua classe si esercitava con gli sci o lo slittino. Qui, pur essendo l’unica studentessa di origine meridionale, Bruno afferma di essersi trovata molto bene. Continua i suoi studi iscrivendosi all’Istituto Magistrale: ne frequenta il primo anno a Bologna, i successivi tre a Modena, dove pernotta in un collegio, e l’anno integrativo (necessario per proseguire con gli studi universitari) a Roma. Qui lavora come maestra, si iscrive a Psicologia e, contemporaneamente, all’Università Lateranense: riesce a conseguire il diploma di scienze religiose, ma interrompe, causa matrimonio, gli studi in Psicologia. A Senise, dove torna in seguito al matrimonio, lavora come insegnante di religione nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado prima di decidere (volutamente, come rimarca l’intervistata) di tornare all’insegnamento elementare.

Forte è, nel resoconto dell’intervistata, la consapevolezza di quanto le appartenenze di classe incidessero sul percorso scolastico e sulle stesse modalità di relazione dell’insegnante. Erano divisioni evidenti ed eclatanti già nel corso degli studi elementari, che a Senise, negli anni Cinquanta del Novecento, risentivano di stilemi organizzativi ottocenteschi – non esisteva infatti un istituto scolastico vero e proprio, ma le aule, sparse per il paese, si trovavano solitamente nei pressi dell’abitazione dell’insegnante. Da questo punto di vista, diversi sono i distinguo che opera tra il suo operato e quello della sua maestra, di cui pur afferma di conservare un buon ricordo. «si sapeva già» afferma Bruno dal m. 10.05 «che alcuni provenienti da famiglie molto numerose oppure da famiglie molto povere culturalmente o anche economicamente non avrebbero continuato gli studi, e quindi venivano un po’ trascurati per questo mentre chi doveva continuare gli studi era più coltivato dall’insegnante». La maggior attenzione dell’insegnante verso le alunne che avrebbero continuato gli studi, e che in questi eccellevano, si ripercuoteva sull’aula e sulla disposizione dei banchi, con una prima fila appannaggio di chi otteneva buoni voti: «un atteggiamento che io oggi non condividerei perché le alunne brave erano messe in prima fila e portavano avanti il programma gli alunni con qualche difficoltà di apprendimento venivano lasciati un po’ abbandonati a se stessi oppure venivano aiutati dalle compagne stesse», afferma la videointervistata al m. 9.17. Questa consapevolezza, continua, l’ha spinta nei suoi anni di insegnamento a insistere sul lavoro in classe: il tentativo era quello di fornire a tutti una preparazione all’altezza della situazione, qualunque fossero le loro basi di partenza e il supporto fornito dalla famiglia. Tale indirizzo l’ha condotta, negli ultimi anni di lavoro, a prediligere un approccio teso all’individualizzazione delle consegne.

Nel concludere l’intervista, Bruno auspica che gli insegnanti sappiano distaccarsi dal mantra del programma da completare e riescano, nell’abbandonare la lezione frontale, ad aiutare gli studenti a decifrare e analizzare le informazioni che giungono loro dalle varie fonti di istruzione non-formale.

Fonti

Fonti bibliografiche:

G. Crainz, Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni Ottanta, Milano, Donzelli, 2002. 

M. Galfrè, Tutti a scuola! L'istruzione nell'Italia del Novecento, Roma, Carocci, 2017.

S. Oliviero, La nascita della scuola media. Un accidentato percorso legislativo, Pisa, CET, 2007.

Fonti normative

Legge 31 dicembre 1962, n. 1859, Istituzione della scuola media statale (GU Serie Generale n. 27 del 30-01-1963), permalink: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1963/01/30/062U1859/sg

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