
Otto donne, otto destini, anzi destinazioni: ciascuna protagonista di questo romanzo ha le idee ben chiare sul proprio futuro, da cui “non si può tornare indietro”. Ambientato in un collegio femminile della Roma pre-bellica, la vicenda narra della formazione umana e intellettuale di queste amiche con un’unica chiave comune: la scelta di autodeterminarsi ed emanciparsi, soprattutto dalle rispettive famiglie. La storia di Silvia, ad esempio, è paradigmatica: una volta laureata «Nel suo animo era scesa una lieve malinconia come alla fine di una festa da ballo. La laurea si portava via una bella fetta di vita; anzi, Augusta andava dicendo, una bella fetta di giovinezza. Per lei, durante quattro anni, la giovinezza non era stata che lezioni, biblioteche, libri, odore di polvere, luce della lampada a petrolio» (p. 188). L’educazione loro impartita diventa, insomma, trampolino per l’autorealizzazione, facendo di questo libro (che ebbe una grande eco, e ben 11 ristampe) un romanzo di formazione che anticipa i tempi di una donna non più desiderosa solo di vestire i panni di moglie e di madre.